Siamo a Triora, un paesino medievale arroccato a 780 metri d’altezza nell’Alta valle Argentina, in provincia d’Imperia.
Al di là del clamore e del business che circola su Triora c’è un’altra verità che si mostra solo al calare del sole…è il Paese della Notte popolato da Dei pagani, spiriti antichi e streghe che sono rimasti lì tra il paesino e il bosco a vegliare sulla loro città.
E proprio qui, nel 1530, abitava Franchetta Borelli, una giovane di buona famiglia, ma di lei si parlò sempre male forse perché era bella, forse perché restava indifferente alle maldicenze dei paesani, forse perché conosceva i segreti delle erbe o forse perché visitava il Buranco…detto anche “salto del lupo”, dal giorno in cui, uscendo dai boschi un lupo imparò da una strega la strada per gli ovili e le culle, sbranò pecore e neonati.
Fino a quando, fuggendo inseguito da contadini, si trovò di fronte al Buranco e saltò da una parte all’altra... per gli abitanti fu aiutato dal Demonio perché un lupo non poteva superare con un salto quel baratro infernale.
Tornò solo in certe notti e pare che fuggisse solo davanti al segno della croce, fu così che il “lupo-strega” rimase incatturato.
Ma ritorniamo a Franchetta Borelli…tanto strega da conoscere tutti i filtri potenti e le magie d’amore… se no perché lei? – si domandavano le donne di Triora – lei e non me avrebbero amato gli uomini del paese?
Fu questa la domanda che indusse molte donne ad accusare Franchetta.
Filtri d’amore non ne mancavano all’epoca, ma bisognava essere come la Borelli perché andassero a buon fine.
Fu così che a Triora arrivò la carestia che distrusse interi raccolti; la morte venne a mietere molte vittime in quell’estate del 1587 e in paese ci si domandava chi, se non le streghe, potevano aver fatto marcire il grano, le vigne la frutta e tutto il resto.
Le streghe erano le donne del paese… dopo una riunione di tutti i cittadini si decise di far venire il podestà Stefano Carrega, “che ci mettesse le mani lui” dicevano…e che chiedesse l’aiuto al tribunale dell’ Inquisizione di Genova.
Furono stanziati 500 scudi per il pagamento delle spese processuali ma i cittadini all’unanimità furono d’accordo pur di cacciare le “bagiure”.
Ai primi di ottobre, Girolamo del Pozzo ,vicario del vescovo di Albenga ed un vicario dell’inquisitore di Genova, di cui pare non sia specificato il nome nei documenti del processo, arrivarono a Triora.
Le donne, ma soprattutto Franchetta, sembravano non curarsi di quello che accadeva, nessuna di loro fuggì.
Girolamo del Pozzo, com’era da consuetudine prima di un processo di stregoneria, radunò tutti in chiesa e terrorizzò i cittadini raccontando particolari macabri dei riti delle streghe…resuscitavano morti,uccidevano bambini,rinnegavano la fede orinando sulle Ostie Sacre e molto altro.
Ma soprattutto partecipavano a ricchi banchetti, un cibo permesso solo alle serve di Satana..e parlare di cibo in quel paesino di trioresi che morivano di fame fu il colpo da maestro di Del Pozzo che convinse a puntare il dito contro ogni donna sospetta senza pensarci troppo.
“Loro mangiano mentre noi crepiamo di fame? Bene che brucino allora quelle maledette!”
Del Pozzo non se le era inventate quelle cose..le aveva studiate sui manuali come il Malleus Maleficarum ( Martello delle Streghe) che tutti gli inquisitori avevano a portata di mano nei processi di stregoneria.
Fatto sta che le donne di Triora, anche dopo la predica continuarono tranquillamente a svolgere le loro attività, a uscire nei campi a raccogliere erbe sfidando pettegolezzi maligni e sospetti.
Franchetta ormai sessantenne, continuava a vivere nella sua casa con il fratello e ad occuparsi della raccolta non solo di erbe .
Ignara del suo destino camminava nei boschi per valutare se le sue castagne erano belle grosse e sane, se sarebbero maturate bene, calcolando la quantità e la qualità del raccolto…indifferente alla fama che si portava dietro da quando era giovane.
Gli abitanti di Triora intanto erano andati dagli inquisitori a sfagiolare nomi su nomi e forse molte donne furono sorprese nel ritrovarsi alla porta la polizia inviata dagli inquisitori.
Furono circa una ventina le donne supposte streghe, ma non ancora Franchetta, nessuno aveva fatto ancora il suo nome, forse avevano paura di lei più che delle armi infallibili degli inquisitori.
Per essere corretti furono13 donne, 3 ragazze ed un ragazzino. Ci si preparava ad un processo con tanto di tortura , condanna a morte sul rogo e naturalmente confisca dei beni che tanto attirava il potere ecclesiastico.
Le torture applicate da Del Pozzo furono il cavalletto , la corda, lo schiacciapollici, la tortura della veglia, gli aghi e la tortura del fuoco sotto i piedi. Torture comuni queste, facili da applicare in confronto a quelle della Germania della Spagna o dei Paesi Bassi davvero molto fantasiosi nell’ingegnarsi metodi di torture da far inorridire come la cosiddetta “ Vergine di Norimberga” o il “Minotauro”.
Per tornare al nostro paesino, Del Pozzo non fu avaro di torture; riuscì a far dire ciò che voleva sentirsi dire per stanare tutte le maledette donne di Satana.
Ma ci furono alcuni incidenti che gli crearono alcuni problemi.
Il primo fu la morte di tal Isotta Stella morta in tortura e l’altro fu quello di una donna che si buttò dalla finestra per sfuggire agli inquisitori.
In più Del Pozzo stava anche colpendo i benestanti di Triora creando indignazione e malcontento tra gli abitanti.
Naturalmente ci fu chi per lui trovò scuse eccellenti per farlo passare di buon occhio…le due streghe avevano preferito morire piuttosto che tradire Satana.
Poco dopo Del Pozzo lasciò Triora e le tredici malefiche rimasero nel carcere sorvegliate a vista; per tutto l’inverno vennero dimenticate nel carcere senza fuoco e solo con qualche straccio. Rimasero in attesa del processo fino a maggio quando a Triora arrivò un nuovo terribile inquisitore, tal Giulio Scribani.
Quest’ultimo ripopolò il carcere ascoltando testimonianze e sussurri degli abitanti e mise le donne arrestate in tortura, tra queste c’era Caterina Capponi che aveva ammesso dopo ore di cavalletto di volare via la notte per andare al sabba mentre suo marito dormiva e che per volare usava un unguento.
Incaricò alcuni di andare a cercare questo unguento e furono effettivamente trovati alcuni barattoli con del grasso; inutile fu la testimonianza del ciabattino,vicino di casa,che disse che era lui ad usare quel grasso per il suo lavoro.
Il marito di Caterina ed il ciabattino furono messi in carcere.
Le altre donne torturate confessarono terribili delitti, avevano ucciso adulti e bambini con le loro fatture. Scribani trovò le prove di queste confessioni nelle morti inspiegabili di un uomo e di un certo numero di bambini.
Nell’agosto lo Scribani propose alla revisione e all’approvazione del governo di Genova la sua sentenza: impiccagione e rogo per tutte. Ma l’Inquisizione di Genova volle che le condannate fossero trasportate nelle carceri genovesi per concludere processo e condanne.
E fu lì che le tredici furono ancora torturate e tra un rantolo ed un grido fecero tutte il nome della peggiore e della più potente di tutte: Franchetta Borelli.
Nell’agosto del 1588 dunque, Franchetta venne arrestata. A Scribani venne detto che “in gioventù fu meretrice e lussuriosa” ed ora che è vecchia tutti sapevano che “era una delle streghe più pericolose”.
Appena la ebbe tra le mani, Scribani ordinò di mettere immediatamente Franchetta al cavalletto. Era notte e straziata dal dolore Franchetta non ci mise molto ad urlare di essere strega.
Quando giunse l’alba e venne sciolta davanti a Scribani negò tutto quello che aveva detto. Lui la fece di nuovo torturare, ma questa volta lei si rifiutò di parlare, anche se tormentata riuscì a tacere completamente.
L’accusavano ben 11 testimoni ed altre tre streghe e Scribani era certo di essere di fronte ad una strega potentissima sicuramente protetta da Satana.
Non gli importava se il fratello della Borelli era riuscito a procurarsi un avvocato, non si stancò di torturarla.
Franchetta non pianse durante le torture anzi rise e questa era una prova inconfutabile del patto che quella donna aveva stretto con Lucifero in persona. Scrivani era stupito, esterrefatto che nonostante i tormenti inflitti Lei ancora ridesse. Con quelle risate la Borelli firmò la propria condanna.
Intervenne il fratello decisa a riprendersela ormai distrutta dal tormento della corda, del cavalletto, dello schiacciapollici e soprattutto del fuoco ai piedi. Il fratello versò 1000 scudi come cauzione e Scribani accettò.
Non si sa come ma la Borelli fuggì nei boschi di Triora dopo qualche giorno, nonostante non avesse più carne nei piedi a causa del fuoco e nonostante le avessero slogato tutte le articolazioni…lei inspiegabilmente scappò…forse aiutata da Satana.
La polizia la cercò inutilmente nei boschi di Triora, Scribani fece arrestare il fratello della Borelli e lei tornò in cambio della liberazione del fratello.
Era ormai settembre. Il giorno 19 del 1588 l’interrogatorio fu messo a verbale, la firma è del notaio Giovanni Antonio Valelechia, nell’intestazione si legge “Costituto dei tormenti dati a Franchetta Borelli supposta strega, il 19 settembre 1588”.
Mentre il sole di fine estate faceva maturare le castagne Franchetta venne interrogata senza torture ma nella sala dei tormenti, le venne chiesto se finalmente volesse confessare, ma lei niente; Le viene ricordato che una volta aveva confessato ma lei replicò dicendo che aveva la febbre e che era tutto falso quello che aveva detto.
Scribani allora la fece spogliare e le fece rasare tutti i peli e i capelli.
Venne poi rivestita con un camicione di tela bianca e venne messa sul cavalletto… la tortura ha inizio.
Negli atti sono riportate le parole di Franchetta, dopo alcune ore di cavalletto dice “Calatemi che la verità l’ho detta, se non mi calate ora mi calerete morta. Mi manca il fiato il cuore mi schiatta”.
La tortura dura ben 23 ore e sono tutte domande a botta risposta… la ripetitività è straziante, lei supplica spesso di essere tolta dal cavalletto e Scribani la ammonisce di dire la verità.
Dopo 13 ore Franchetta smette di supplicare e come se fosse seduta comodamente in salotto inizia a parlare, con chi sta lì in giro, delle belle castagne marroni di Triora. Dopo un’ora ancora parla del più e del meno.
Poi Franchetta tace e dopo cinque ore e mezza, sempre in tortura, dice “ Questo vento non è molto buono per le castagne”.
Arrivati a 23 ore di tortura uno degli assistenti guarda l’ora e la Borelli lo deride dicendo: “Cosa state a guardare! Cosa importa un’ora in più o una in meno”.
Scribani si rende conto che la tortura è stata inutile perché Franchetta se ne preoccupa poco o nulla e la fa tirare giù e rimandare nella sua cella.
Franchetta non confessò mai di essere una strega, si fece sempre beffe e rise dei tormenti... di lei non si parla più in nessun documento… non si sa che fine abbia fatto. Il suo destino sembrava quello del rogo ma a me piace pensare che potrebbe anche essere scappata una donna così… e magari il suo spirito vaga ancora tra i boschi di castagni che lei amava tanto e il Buranco.
Olimpiade
Le informazioni sono state tratte da un libro che ho studiato e se siete interessati all’argomento ve lo consiglio
perché si parla di molti altri numerosi processi non solo in Italia ma anche all’estero,
basati su documentazione dell’epoca .
“Il libro nero della caccia alla streghe” di Vanna de Angelis Ed. Piemme 2001.
Pubblicato su CROP
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